Malagò prova a tenersi la poltrona: elezioni per il presidente del Coni all’ultimo giorno utile. Così tenta di ottenere una legge per se stesso
Adesso c’è una data cerchiata in rosso sul calendario: 26 giugno 2025, il giorno in cui si sceglierà il prossimo presidente del Coni. Chiunque esso sia, che si tratti di un nuovo leader o ancora di Giovanni Malagò. In ritardo sulla tabella di marcia, probabilmente anche un po’ controvoglia (fosse per lui, non lo avrebbe fatto mai), l’attuale numero uno ha convocato il consiglio elettivo per il prossimo quadriennio del Comitato olimpico. Può sembrare una formalità, ma anche la data è un po’ una notizia: il Coni non è mai andato così tardi alle urne.
Di solito, le elezioni si tengono in primavera, una volta esaurita la tornata di tutte le Federazioni che hanno tempo fino al 15 marzo per scegliere il loro presidente. E infatti l’ultima volta, nel 2021, si votò a inizio maggio, come anche nel 2017. O addirittura già a febbraio nel 2013, quando Malagò fu eletto presidente per la prima volta, scalando a sorpresa lo sport italiano. Stavolta invece il Coni ha deciso di fare le cose con calma, prendendosi tutto il tempo possibile, allungando fino al limite (da statuto la scadenza ultima era il 30 di giugno) l’ultimo quadriennio di Malagò. E forse non è un caso.
Come noto, il leader del Coni è arrivato al termine del suo percorso dei tre mandati previsti dalla legge, ma da mesi sta provando in tutti i modi a trovare comunque una soluzione per rimanere al Coni. Che si tratti del quarto mandato, già concesso ai presidenti federali (l’estate scorsa il Parlamento ha cancellato la Legge Lotti che prevedeva un limite di tre per tutte le cariche, lasciando giù dal carro soltanto il presidente del Coni, perché ente pubblico). Oppure di una semplice proroga, con la scusa delle Olimpiadi invernali di Milano-Cortina, quindi almeno un anno in più, fino alla primavera 2026.
Ad oggi, però, ogni tentativo è andato a vuoto. Le condizioni politiche non sono più favorevoli a Malagò, che nel governo Meloni ha troppi nemici, non tanto la premier (con cui vanta un buon rapporto), ma diversi uomini chiave della maggioranza, dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, al capogruppo di Forza Italia, Paolo Barelli, passando per il ministro dello Sport, Andrea Abodi, che sulla questione si è già espresso più volte chiudendo categoricamente ad ogni deroga alla legge attuale.
Ecco che allora spostare in là la data delle elezioni risponde ad una duplice strategia. Da una parte, allunga il tempo delle trattative: da statuto, le candidature vanno presentate entro 20 giorni dal voto. Quindi in teoria Malagò potrebbe avere anche tutta la primavera per convincere la politica a fargli una legge su misura. Dall’altra, se non ci sarà riuscito, vorrà dire che si godrà il più possibile l’ebrezza di sentirsi alla guida dello sport italiano. Che il suo successore aspetti pure: lui rimarrà su quella poltrona fino all’ultimo secondo.
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