Autonomia, i fantasmi del Clep che fa rima con flop
Autonomia, il flop del decreto spacca Italia e i fantasmi del Clep: La Consulta ha decretato la fine del Comitato per l’individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni
Fantasmi. Il più famoso è il musicista sfigurato che si nascose nei sotterranei dell’Opera di Parigi, un capolavoro del muto. Ma nel cinema come nei romanzi, nel folclore e nelle leggende spopolano. Famosi divennero i Ghostbusters, gli acchiappafantasmi, che in una pellicola cult ne fecero una professione aspirandoli e catturandoli. Se per assurdo oggi dovessero tornare in azione e aggirarsi dalle parti del dipartimento agli Affari regionali i loro aggeggi fantascientifici ne fiuterebbero la presenza. Si riunisce il Clep, il Comitato per l’individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni presieduto dal professor Sabino Cassese. A certificare “l’esistenza” di questo comitato–fantasma è una convocazione del ministro Calderoli.
In base alla sentenza della Corte costituzionale il Clep – che fa rima con flop – non esiste più. O meglio: non avrebbe neanche dovuto nascere. C’è un vizio d’origine infatti nel decreto del presidente del Consiglio che lo istituì perché individuasse i Lep, ovvero i livelli concernenti i diritti sociali e civili da garantire su tutto il territorio nazionale. A far quel lavoro dovrà essere ora il Dipartimento affari regionali. Vi fu, all’epoca, cioè due anni fa, chi fiutando il climax si dimise subito: l’ex presidente del Consiglio Giuliano Amato; Alessandro Pajno, presidente emerito del Consiglio di Stato; Franco Bassanini, ex segretario del Consiglio dei ministri; Emanuele Gallo, professore emerito di diritto amministrativo.
Lo capirono sin dall’inizio, fecero un passo indietro. L’idea di Calderoli, formare una commissione formata da 62 saggi, nascondeva un disegno diverso (o perverso, se preferite). Il tentativo maldestro di coprire con una foglia di fico la seconda “porcata” del ministro – la prima è stata per sua stessa ammissione il Porcellum – : l’autonomia differenziata in salsa leghista.
Abbiamo ricordato altre volte su queste pagine quanto a Calderoli stia a cuore lo Spacca-Italia. Al punto da non arrendersi neanche dinanzi al flop più evidente. Ha fatto suo il motto del drammaturgo inglese Samuel Beckett, “non possiamo continuare, io dunque continuo”. E fa finta di niente. Così che ha convocato per oggi una riunione in cui i fantasmi del Clep presenteranno la loro relazione finale. Avrebbero dovuto esaurire la loro missione il prossimo 31 dicembre consegnando al ministro del Carroccio le chiavi della riforma federalista, lo Spacca-Italia su un piatto d’argento. Le basi per approvare le intese governo-regioni e attuare i dettami dell’art. 116 comma 3 con un semplice Dpcm bypassando il Parlamento. Il disegno era questo.
A metterci la faccia sarebbe stato il fior fiore dell’Intellighenzia con l’aggiunta di qualche “infiltrato” in palese conflitto di interessi: la professoressa Elena D’Orlando, presidente della Commissione fabbisogni standard, già collaboratrice dell’altro pasdaran dell’autonomia leghista, il governatore veneto, Luca Zaia, e il professor Andrea Giovanardi, anche lui braccio destro e consulente del “doge” di Palazzo Balbi. Un piano perfetto, con tanto di ringraziamenti “per il lavoro egregiamente portato a termine”, spellandosi le mani e sperticandosi in elogi per il presidente Cassese, ex giudice della Consulta, a lungo considerato il “Principe dei costituzionalisti”.
Sia chiaro: stiamo parlando di professori illustri, profili al di sopra di ogni sospetto. Chapeau. A partire da Cassese, 89 anni, portati splendidamente. E’ stato condotto dai membri un lavoro certosino. Le sottocommissioni si sono riunite persino in pieno agosto e su base volontaria. Il risultato finale però è scoraggiante: 146 pagine senza alcuna certezza. A parte aver identificato 8 delle 23 materie potenzialmente trasferibili alle regioni in cui non sarebbe necessaria la definizione dei Lep. Tradotto vuol dire: via libera, autonomia subito, con il bollino dei saggi rimasti e il visto si approvi di Palazzo Chigi.
Ora che la Consulta ha svuotato la legge, approvare le intese sul nulla vorrebbe dire solo gettare fumo negli occhi agli elettori lombardo-veneti rimasti fedeli ai valori leghisti.
Qualcosa dunque è andato storto. La Consulta ha derubricato il lavoro del Clep come semplice istruttoria. Ha stabilito che se sono in gioco i diritti sociali e civili i Lep vanno comunque determinati. Che non ci sono materie non Lep. E soprattutto non ci sono intere materie da trasferire ma solo particolari funzioni e in base a ragioni ben motivate. E ancora: che alcune materie, ad esempio la gestione dell’energia, ambiente, scuola, commercio estero, debbono restare saldamente in capo allo Stato.
Il Clep si era portato avanti. Aveva persino ipotizzato la devoluzione dell’Istruzione senza riuscire però a quantificare i Lep perché, leggiamo, “non può essere rappresentato dalla spesa regione per regione il pagamento degli stipendi degli insegnanti”.
“Pur essendo noto il numero degli studenti e delle classi e quindi del numero degli insegnanti per l’erogazione del servizio – si osserva ancora nella relazione finale – è difficile quantificare la spesa per via della mobilità del corpo docente, per via delle differenze stipendiali in ragione degli anni di servizio, per via della difficoltà di stabilire quanta parte del contingente è di ruolo (con un costo maggiore) e quanta parte è assunta con contratti a tempo determinato”. Una bocciatura? No, perché qualche rigo più sotto si legge che “è opportuno sottolineare che, pur se non attualmente quantificabili secondo la ricognizione compiuta a legislazione vigente, si tratta di Lep che in un secondo momento potrebbero divenire tali”.
Una sorta di vorrei ma non posso. Quasi a doversi giustificare per l’impossibilità di calcolare un valore in una materia strategica in cui in molte zone del Sud siamo ben al di sotto dei livelli essenziali. Roba da non crederci. Da fantasmi, appunto.
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