Città di Castello presenta alla città i due restauri di San Domenico e Sant’Antonio abate
Domenica 15 dicembre alle 15.30 verranno presentati al pubblico dall’associazione TifernArte i restauri che hanno interessato due affreschi della chiesa di San Domenico a Città di Castello, testimonianze dell’apparato decorativo della chiesa negli anni a ridosso della sua consacrazione avvenuta nel 1426.
Con il finanziamento dell’associazione Palazzo Vitelli a Sant’Egidio, TifernArte è subentrata in un progetto avviato dall’associazione Chiese storiche che era già intervenuta su altre opere ivi conservate. Grazie all’operato delle restauratrici Rossana Parigi e Silvia Martinelli, che hanno trovato le opere in grave stato di conservazione, le pitture hanno acquisito una migliore leggibilità di cui potranno godere cittadini, studiosi e turisti.
Il primo intervento di restauro è stato condotto sul Sant’Antonio abate di Antonio di Guido da Ferrara conosciuto anche come Antonio Alberti. L’affresco di San Domenico si può senza dubbio considerare una delle prove migliori dell’artista di origine ferrarese ma ben radicato a Urbino a partire dalla fine del secondo decennio del Quattrocento.
Nella capitale del Montefeltro egli si inserì nella grande stagione del tardo gotico locale che vide protagonisti anche i fratelli Salimbeni e Ottaviano Nelli. Antonio di Guido da Ferrara ebbe un rapporto speciale con Città di Castello, dove lavorò in più di un’occasione, come noto sia dai documenti sia dalle opere giunte fino a noi. La figura monumentale del santo seduto su un imponente trono marmoreo fu realizzata in corrispondenza di uno degli antichi altari della chiesa di San Domenico.
Sant’Antonio assai caro alla devozione popolare è circondato da alcuni episodi della sua vita, che grazie al pennello del pittore divengono un vivace spaccato sulla vita quotidiana e sui costumi del tempo. Il secondo affresco restaurato è di particolare rilievo per la storia della chiesa di San Domenico e della città tifernate in quanto a fianco delle figure della Trinità e di Santa Mustiola compare una Natività al cui cospetto siede in preghiera santa Margherita di Città di Castello, documento iconografico del culto ormai consolidato per la venerabile cieca della Metola.
La pulitura della superficie pittorica ha reso maggiormente visibili i tre raggi dorati che congiungono il cuore di Margherita alle bocche di Gesù Bambino, della Madonna e di san Giuseppe, simbolo dell’accesa devozione della santa per la Sacra Famiglia. Secondo i racconti agiografici alla morte della santa furono ritrovati nel suo cuore tre sassetti con le immagini dei componenti della Sacra Famiglia, nell’opera rievocati dalla presenza dei personaggi stessi. Questo secondo affresco venne realizzato da un artista locale, molto attivo a Città di Castello e dintorni tra la fine del Trecento e i primi decenni del Quattrocento, che in San Domenico intervenne a più riprese nella chiesa e in altri ambienti del convento. Dopo gli interventi delle autorità, seguiranno quelli di Marco Baldicchi, presidente di TifernArte, di Fabio Nisi, presidente dell’associazione Palazzo Vitelli a Sant’Egidio, di Margherita Turci, storica dell’arte, e delle restauratrici Silvia Martinelli e Rossana Parigi.
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