Trump valuta un attacco militare contro Teheran
Il secondo mandato di Donald Trump non è ancora cominciato ma la sua politica estera prende sempre più forma. Al centro dell’attenzione del team di transizione del tycoon c’è ancora una volta l’Iran. Lo si era capito già nelle ore successive alla vittoria alle presidenziali di The Donald con l’annuncio da parte dei suoi uomini di una linea di “massima pressione” nei confronti della Repubblica Islamica. Quello che invece si ignorava e si apprende solo adesso è che la prossima amministrazione repubblicana starebbe valutando di ricorrere anche all’uso della forza per fermare il programma nucleare di Teheran.
A svelarlo è il Wall Street Journal secondo il quale Trump potrebbe autorizzare attacchi aerei preventivi sugli impianti atomici del regime degli ayatollah. Se confermata questa iniziativa segnerebbe la fine della strada diplomatica seguita sin qui dagli ultimi presidenti americani, che hanno cercato di dissuadere l’Iran dai suoi piani attraverso un mix di negoziati e sanzioni.
Come scrive il quotidiano finanziario citando fonti anonime della cerchia del presidente eletto, l’opzione militare sarebbe ora dunque sottoposta ad una “revisione più seria” da parte del team di transizione Usa. Ad imprimere una svolta al delicato dossier avrebbero contribuito le due sconfitte strategiche incassate da Teheran: la caduta dell’alleato Bashar al-Assad in Siria e la decapitazione dei proxy iraniani nella Striscia di Gaza e in Libano.
A questi eventi in Medio Oriente si aggiungono le valutazioni di Washington sul futuro delle truppe americane nella regione e le ultime rivelazioni sui progressi compiuti in campo nucleare dall’Iran. Secondo una recente stima dell’intelligence Usa il regime teocratico sarebbe in possesso di materiale fissile sufficiente a produrre più di 12 bombe nucleari. Sebbene al momento Teheran non starebbe costruendo armi di distruzione di massa, gli 007 precisano che la ricerca scientifica svolta sino ad ora dalla Repubblica Islamica la rende meglio preparata qualora decidesse di farlo.
Alcuni dei più stretti collaboratori di Trump sottolineano come i primi mesi del suo secondo mandato offrono la “rara opportunità” di fermare il programma nucleare iraniano in un momento di grande debolezza per il regime. Una delle opzioni al vaglio della squadra del repubblicano sarebbe quella di supportare un attacco israeliano alle strutture di Natanz, Fordow e Isfahan senza escludere una partecipazione americana alle operazioni di Tel Aviv.
All’epoca del suo primo mandato, il tycoon ritirò gli Stati Uniti dall’accordo internazionale sul nucleare iraniano voluto da Obama e approvò severe sanzioni economiche contro Teheran. Oltre all’opzione più dura ventilata dai suoi alleati, la nuova Casa Bianca potrebbe adottare misure finanziarie ancora più stringenti accompagnandole alla minaccia dell’uso della forza. Washington potrebbe dispiegare aerei e navi da guerra in Medio Oriente o vendere armi avanzate ad Israele. La linea che si configurerebbe così sembra ricordare quella seguita nei confronti della Corea del Nord tra il 2017 e il 2021, sebbene con risultati non incoraggianti.
Non è chiaro cosa ne pensi davvero Trump. In un colloquio telefonico con il premier israeliano Benjamin Netanyahu, il presidente eletto ha espresso i timori per uno sviluppo nucleare iraniano durante la sua amministrazione e il suo impegno per impedire tale scenario.
In un’intervista a Time il tycoon ha dichiarato che “tutto può accadere” e che “la situazione è molto volatile”. Trump, che ha accusato più volte l’Iran di volerslo assassinare, dovrà presto decidere se rimangiarsi una delle sue più importanti promesse fatte in campagna elettorale: quella di non cominciare un nuovo conflitto.
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