Marche

«Colpito da una corda e spinto in acqua». L’incidente fatale in un’azione di pesca

FANO – Mentre proseguono le indagini sulla causa che hanno determinato la morte del marinaio tunisino cinquantenne caduto in mare dal peschereccio anconetano “Midway”, torna a prendere corpo la versione di un infortunio sul lavoro causato da un contraccolpo di un attrezzo di bordo.

I primi accertamenti

Secondo quanto evidenziato dalla responsabile della Medicina del lavoro dell’Ast di Pesaro Urbino, Maria Pia Cancellieri, l’uomo sarebbe caduto in acqua nel momento in cui l’equipaggio stava calando le reti per una nuova battuta di pesca. «Secondo quanto emerso dai primi accertamenti – ha detto – ci sarebbe stato un contraccolpo determinato del verricello che sosteneva una cassa, di conseguenza si è liberata una corda che l’ha colpito spingendolo in acqua, dove è subentrato il malore per il freddo. Sarà comunque l’autopsia a rilevare con esattezza la causa della morte. Probabilmente il contatto improvviso con l’acqua gelida, la difficoltà di tenersi a galla con i vestiti inzuppati ne hanno favorito il decesso, comunque quando è caduto in mare il pescatore era ancora vivo». A fronte di questa disgrazia c’è da rilevare il coraggio che ha avuto un altro componente dell’equipaggio del “Midway”, un pescatore egiziano che quando ha visto l’amico cadere fuori bordo, non ci ha pensato due volte a gettarsi tra le onde, sfidando anche lui il pericolo di finire a fondo paralizzato dall’improvviso calo termico. Ha afferrato il corpo che ormai non reagiva più e con l’aiuto degli altri pescatori è riuscito a riportarlo a bordo. Purtroppo, per lui non c’era più niente da fare e tutti i tentativi per rianimarlo si sono rivelati vani. All’agitazione dell’equipaggio è subentrata la costernazione per quanto accaduto. Un incidente imprevisto, verificatosi nonostante l’equipaggio del peschereccio fosse formato da gente esperta, marinai quasi tutti extracomunitari che comunque avevano imparato il mestiere e mille volte avevano ripetuto le operazioni di pesca.

«Tutti sapevano cosa fare – ha dichiarato ieri il comandante e armatore Emiliano Caldaroni –, già gli uomini avevano preso posizione per iniziare a calare di nuovo le reti, mentre Alì (questo è il nome del tunisino che poi è deceduto, ndr) era appena uscito dalla cabina per prendere il suo posto nell’ambito della manovra che ancora doveva incominciare. Quello che è accaduto non sono riuscito a vederlo bene perché la mia visuale era in parte ostruita dalle reti. Non so esattamente se sia stato un malore oppure una perdita di equilibrio a provocare la caduta in acqua. L’accaduto ci ha lasciato senza parole, conoscevamo Alì come un pescatore esperto, prudente, abile nel suo lavoro, nessuno si aspettava un incidente del genere. A quel punto ho indirizzato la barca nel porto più vicino, quello di Fano, avvisando subito la Capitaneria».

«Abbiamo fatto di tutto»

«A bordo – ha sottolineato il comandante – tutti sanno fare di tutto, in modo che gli addetti ai vari compiti siano intercambiabili e sulla nostra barca c’è stata sempre una grande sintonia, abbiamo veramente fatto di tutto per riuscire a rianimare il nostro collega, purtroppo senza riuscirci». Le indagini sono coordinate dalla procura della Repubblica di Pesaro, che deve vagliare le responsabilità dell’accaduto.




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