Mense scolastiche: la classifica degli istituti dove si mangia meglio e peggio. Rimane scarsa l’attenzione agli sprechi
A Sesto Fiorentino i bambini che frequentano la mensa scolastica hanno la fortuna di effettuare i pranzi più buoni e sani d’Italia. Dall’uso dell’olio extra vergine d’oliva proveniente dagli uliveti di Calenzano, Signa, Carmignano alla trota della Lunigiana al Cefalo della laguna di Orbetello alla pasta fresca del Mugelli: questi sono solo alcuni dei prodotti di filiera corta che occupano il 73% degli alimenti offerti. A dirlo è il nono report dei menù scolastici stilato da Foodinsider e presentato oggi alla sala stampa della Camera dal deputato Claudio Mancini e da Claudia Paltrinieri e Francesca Rocchi, rispettivamente presidente e vice presidente dell’osservatorio.
Dall’indagine effettuata su circa un terzo delle mense italiane arrivano buone notizie: rispetto all’anno precedente si registra un miglioramento nel 44 per cento dei menù analizzati, mentre il 29,5% rimane stabile e il 20 per cento mostra, per contro, un calo di qualità.
Dove la situazione migliora è significativo rilevare che i Comuni che hanno rinnovato le gare d’appalto: è il caso di Trento, Udine, Frosinone, Rieti e Siracusa. I dati dell’anno scolastico 2023/24 messi a confronto con quelli degli ultimi cinque anni, dimostrano come la legge dei criteri ambientali minimi (in vigore dall’agosto del 2020) abbia reso i menù più sani e sostenibili, con maggiore varietà di alimenti, più biologico, più legumi ma anche più prodotti locali e provenienti da cooperative sociali.
Non mancano, tuttavia, le ombre: aumenta il cibo processato e secondo quanto riferito da numerosi insegnanti, diminuisce la percentuale di pasto effettivamente consumata. I maggiori consumi si rilevano nelle scuole dove si fa educazione alimentare, dove ci sono le cucine interne, dove i bambini hanno a disposizione più tempo per il pranzo e i refettori sono meno rumorosi. Poche sono le realtà sensibili al problema del ridotto consumo, come dimostra il fatto che sono rare le attività di monitoraggio degli scarti; rilevazioni che invece sono indispensabili per comprendere e affrontare il fenomeno.
In cima alla classifica del nono rating c’è il menù che meglio ha saputo interpretare l’alimentazione come strumento di salute, di rispetto per l’ambiente e di promozione del territorio mentre ad aggiudicarsi la maglia nera sono i municipi di L’Aquila, Novara e Reggio Calabria.
Si confermano di alto profilo, invece, i menù di Parma e Fano -secondi a pari merito – e di Cremona, che rimane il migliore in termini di abilità gastronomica dei cuochi. Le mense del Sud danno segnali di ripresa, in particolare Bari e Brindisi e soprattutto Siracusa, che conquista 57 punti in più rispetto allo scorso anno. Il report racconta anche le best practice: iniziative di matrice diversa ma che puntano tutte alla transizione verso una mensa sostenibile. Tra queste, i progetti europei Horizon che fanno parte del Programma Quadro dell’Unione Europea per la ricerca e l’innovazione; attività delle agenzie regionali per lo sviluppo dell’agricoltura; le proposte sostenute dalle fondazioni bancarie fino alle azioni della società civile che a Roma è rappresentata dal Consiglio del Cibo, da cui è nata la proposta di introdurre, una volta al mese, un pasto completamente vegetale per ridurre le emissioni.
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