Maxitruffa dell’ecobonus: 66 persone denunciate per un raggiro da 12 milioni
Intascavano i soldi dei finanziamenti ma i lavori di ristrutturazione non venivano mai eseguiti. Gli era bastato creare società ad hoc per poter avere gli ecobonus: le intestavano a prestanome compiacenti ogni volta diversi per evitare di essere scoperti. Ma la Guardia di finanza è riuscita a risalire ai quattro ideatori del gigantesco raggiro da 12 milioni di euro: si tratta di quattro persone ora accusate di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e di riciclaggio. Ma i soggetti coinvolti a vario titolo e segnalati alla procura di Ivrea che coordina le indagini sono in tutto 66: tra loro ci sono i rappresentanti legali di alcune società formalmente operanti nel settore edilizio, ma che di fatto erano inesistenti, e 62 prestanome. Le “teste di legno” venivano reclutate da un dipendente dell’ufficio postale di Venaria Reale: affibbiava loro il nome della società fittizia e non operativa e i rapporti di conto corrente su cui far confluire i finanziamenti. Sono 5 le misure cautelari emesse dal gip (2 in carcere, 2 ai domiciliari, per uno c’è l’obbligo di dimora) ed è stato attuato un provvedimento di sequestro per oltre 12 milioni di euro, con snideresti l’ammontare della truffa.
L’indagine è stata condotta dal 1° Nucleo Operativo Metropolitano di Torino ed è partita da una denuncia presentata dall’Ufficio Antifrode di Poste Italiane che avanzava sospetti su operazioni fraudolente di alcune società che, ricorrendo ai “prestanome”, avevano illecitamente fruito della cessione dei crediti fiscali in materia di ristrutturazioni e riqualificazioni edilizie (gli “Ecobonus” appunto).
Le Fiamme Gialle hanno quindi ricostruito i meccanismi della truffa che era finalizzata alla commercializzazione e alla successiva monetizzazione di crediti d’imposta fittizi per un valore complessivo di oltre 12,5 milioni di euro.
I prestanome, utilizzando le credenziali di accesso ai conti correnti delle neo-costituite società, richiedevano crediti d’imposta fittizi collegati a lavori di ristrutturazione inesistenti per poi cederli a 6 società del nord Italia. Queste, mediante operazioni finanziarie atte a ostacolare la ricostruzione dei flussi monetari, cedevano e monetizzavano i crediti indebitamente conseguiti.
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