Friuli Venezia Giulia

Ucraina, il tempo delle illusioni è finito: aiuti in calo, pressioni su Zelensky e lo spettro di una pace imposta

E la Russia? – La risposta di Mosca appare cauta, estremamente cauta, nel solco delle sue antiche tradizioni. Tuttavia, merita di essere evidenziata la reazione ufficiale russa alla nuova strategia per la sicurezza americana. In particolare, l’8 dicembre u.s., la portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, rispondendo alle domande dei media sul citato documento statunitense, ha delineato un quadro politico e strategico decisamente meritevole di attenzione.

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https://mid.ru/en/foreign_policy/news/2064143/

Di seguito, alcuni stralci significativi. – Domanda: Il 4 dicembre l’amministrazione Trump ha pubblicato la sua ultima, e in gran parte nuova, Strategia per la Sicurezza Nazionale. Questa volta sembra allontanarsi dagli stereotipi e dai precetti dei precedenti documenti strategici statunitensi. In che modo le sue disposizioni influenzeranno le relazioni tra Stati Uniti e Russia? Maria Zakharova: La nuova versione della Strategia per la Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti contiene una serie di disposizioni che indicano una sostanziale rivalutazione della dottrina di politica estera statunitense, soprattutto se confrontata con la versione del documento del 2022. Di particolare rilievo è la revisione del precedente impegno di Washington all’egemonia: il documento afferma esplicitamente che le élite americane hanno commesso gravi errori di calcolo, avendo piazzato «scommesse enormemente sbagliate e distruttive sul globalismo». Per come la intendiamo noi, questo quadro ideologico fondamentale plasma anche un altro principio chiave della Strategia: l’appello a porre fine «alla percezione, e all’impedimento della realtà, della NATO come un’alleanza in continua espansione». In altre parole, per la prima volta gli Stati Uniti dichiarano, se non un rifiuto di espandere l’alleanza, almeno una messa in discussione ufficiale della sua tradizionalmente aggressiva traiettoria espansionistica. È inoltre degno di nota il fatto che la Russia sia menzionata nel documento nel contesto della sicurezza paneuropea, mentre non vi sono richieste dirette di contenimento sistemico del nostro Paese o di una maggiore pressione economica nei suoi confronti. Allo stesso tempo, senza nominare esplicitamente Mosca, la nuova versione della Strategia delinea i piani di Washington per raggiungere il «dominio energetico», limitando l’influenza degli avversari.

Domanda: Come valuta il Ministero degli Esteri l’aspetto politico-militare della nuova Strategia, e in particolare l’obiettivo dichiarato di raggiungere la stabilità strategica nelle relazioni con la Russia?

Maria Zakharova: Nonostante l’approccio generalmente pragmatico a questo tema, notiamo una serie di contraddizioni. In particolare, il documento non contiene elementi che consentano di comprendere la visione americana di un quadro «post-New START». Ci riferiamo principalmente alla definizione di parità nei limiti quantitativi chiave per le armi nucleari. Nonostante la ferma attenzione rivolta alla difesa degli interessi statunitensi nella Strategia, il documento lascia spazio alla ricerca di aree di intesa con noi.

Domanda: Non si può fare a meno di notare la dura critica del documento alle élite liberali al potere in Europa per la loro repressione delle forze politiche «indesiderate». La politica migratoria di Bruxelles viene persino descritta come una minaccia di cancellazione della civiltà europea. Questo indica una spaccatura all’interno del cosiddetto «Occidente collettivo»?

Maria Zakharova: Come per il tema del globalismo, questa è più una dichiarazione delle crescenti contraddizioni tra Stati Uniti e Unione europea, culminate nella posizione apertamente ostruzionistica di Bruxelles nei confronti delle aspirazioni di pace di Donald Trump riguardo all’Ucraina. Esiste una convergenza oggettiva tra le opinioni tradizionali della Russia e le valutazioni ragionevoli della nuova amministrazione statunitense sui processi realmente allarmanti in atto nel Vecchio Mondo. A questo proposito, si può solo sperare che la nuova strategia americana abbia lo stesso effetto di riflessione sul «partito della guerra» europeo delle recenti osservazioni del presidente Vladimir Putin sull’assurdità delle «giustificazioni» europee per la preparazione di una sorta di «guerra con la Russia». Vale la pena sottolineare che alcune disposizioni del documento relative alla crisi ucraina gettano le basi per proseguire i nostri sforzi costruttivi congiunti con gli americani per individuare percorsi verso una soluzione pacifica.

Domanda: Come si dovrebbe valutare la tesi riguardante la «revisione» della necessità di una presenza militare statunitense in quelle regioni «la cui importanza relativa per la sicurezza nazionale americana è diminuita negli ultimi anni e decenni»?

Maria Zakharova: Questa tesi riflette il concetto di «America First», ma difficilmente dovrebbe essere interpretata come un ritiro degli Stati Uniti dalla loro presenza militare all’estero, il che si allinea con un’altra idea americana, quella della cosiddetta «pace attraverso la forza». Ad esempio, i paragrafi del documento sull’Asia-Pacifico contengono un linguaggio ambivalente nei confronti della Cina, nonché richieste a tutti i principali partner regionali di concedere al Pentagono un maggiore accesso ai loro porti e ad «altre strutture».

Domanda: La Strategia sposta sensibilmente l’attenzione della politica estera americana verso l’emisfero occidentale. Questo viene definito «Emendamento Trump» alla famigerata Dottrina Monroe. Non suona minaccioso?

Maria Zakharova: I paragrafi pertinenti sembrano più simili a un riferimento diretto all’Emendamento Roosevelt, la dottrina del 26° presidente degli Stati Uniti, Theodore Roosevelt, che proclamò il diritto di Washington di intervenire in America Latina con il pretesto di «stabilizzare la situazione economica interna» di alcuni Paesi della regione. Ciò è particolarmente preoccupante, date le attuali tensioni deliberatamente alimentate dal Pentagono riguardo al Venezuela. Ci auguriamo che la Casa Bianca riesca a evitare un’ulteriore spirale di conflitto su vasta scala, che avrebbe conseguenze imprevedibili per l’intero emisfero occidentale.

Conclusione – In relazione al conflitto in Ucraina, il noto filosofo Massimo Cacciari, tra pochi altri e da molto tempo, affronta con antica arguzia intellettuale tematiche sensibili come la disinformazione sistematica dei media, la volontà di non indagare a fondo sulle cause della guerra e di non sviluppare alcuna analisi sul comportamento della NATO e dei governi europei. Cacciari, inoltre, sottolinea continuamente la debolezza delle leadership europee e l’invenzione europea di un nemico immaginario per giustificare la folle corsa agli armamenti, e molto altro ancora. Ma si sa, i «principi senza territorio» di Bruxelles, dal loro trono intriso di «verità dogmatiche», ci dicono, con un tiepido e cortese sorriso di sufficienza, che Cacciari è solo un filosofo, un visionario, certamente progressista e meritevole di piena visibilità, ma che la realtà è ben diversa e che la strada scelta è sempre stata quella giusta. Tuttavia, anche in relazione alla palese e interessata volontà americana di raccontarci, con dovizia di particolari, il livello della corruzione in Ucraina, fenomeno ampiamente noto da tempo alle cancellerie occidentali, ai tentativi statunitensi di realizzare una pace possibile e alla palese impossibilità europea di continuare a sostenere Kiev in termini di armamenti e finanziamenti, qualcosa, forse, sta davvero cambiando. Forse è giunto il momento di porre fine a questo atroce conflitto nel cuore dell’Europa, che non sarebbe mai dovuto nascere. Desidero chiudere questo articolo riportando un breve stralcio di una lunga e recente intervista rilasciata dal ministro Guido Crosetto ad Avvenire, perché riflette, come amo esordire nell’aprire i miei incontri in giro per l’Italia, la necessità di volgere «uno sguardo diverso su un mondo che cambia».

Intervista completa nel link in descrizione:
https://www.avvenire.it/politica/crosetto-la-nato-si-trasformi-per-garantire-la-pace_101832

Il ministro, in particolare, ha affermato: «In un mondo dove contano sempre di più i rapporti di forza, dove il diritto internazionale, codificato da secoli, è carta straccia, l’imperativo più urgente è quello di correggere le traiettorie pericolose e negative che sono di fronte a noi e che ci fanno capire già ora cosa può accadere se non interveniamo. Dobbiamo, tutti insieme – e intendo tutti gli Stati e gli organismi multilaterali mondiali, compresi quelli che ieri facevano parte del “Sud globale”ripensare le strutture multilaterali e i sistemi istituzionali. Dobbiamo costruire un nuovo multilateralismo a tutela della stabilità. All’interno di questo obiettivo più ampio occorrono anche una nuova Europa e una nuova NATO, più inclusiva e globale, che guardi ben oltre l’Atlantico. Penso a una sempre più pressante, necessaria e vera difesa europea, convinto che l’Europa a 27 sia troppo piccola. La necessità è una difesa continentale che coinvolga Paesi che oggi sono fuori dai “confini” dell’UE: il Regno Unito, la Norvegia, l’Albania, i Paesi balcanici. Tutti uniti, tutti decisi a fare squadra, a lavorare insieme, a scambiarsi informazioni, a condividere tecnologie. Serve una trasformazione profonda e veloce della NATO, che la faccia diventare una struttura capace di garantire un’alleanza per la pace nel mondo, un “braccio” armato ma democratico di una ONU rinnovata, uscendo dal ruolo di organizzazione di difesa del solo Occidente “atlantico”. La NATO, così com’è stata percepita per decenni, cioè come un nemico per i Paesi del Sud e per i BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica, ndr), deve invece aprirsi e allargarsi. Deve pensare al mondo, non solo a una sua parte. E, visto che l’ONU non ce la fa più, la NATO ha le caratteristiche, il know-how e le capacità militari, ma anche diplomatiche, per diventare il vero difensore della pace. Però, attenzione: solo se la NATO saprà essere credibile, attendibile e sincera, e saprà allargarsi, potrà rappresentare e difendere tutti».

Stefano Silvio Dragani già generale di Brigata dell’Arma dei Carabinieri. Laureato in Scienze Politiche e in Scienze della Sicurezza, ha ottenuto anche un master di II livello in Studi Africani. Dopo incarichi operativi in Italia, ha svolto missioni internazionali in Albania, Kosovo, Ghana, Somalia, Ruanda e Belgio, lavorando come esperto di sicurezza e stabilizzazione in aree di crisi, anche per conto dell’Unione Europea. Ha tenuto docenze e seminari in Italia e all’estero – dall’Università di Padova alla Scuola Ufficiali dei Carabinieri, fino ai congressi ONU sul terrorismo globale – ed è stato special advisor sia del Ministro della Sicurezza della Somalia che delle forze di polizia di Rwanda e Uganda.

È autore di quattro saggi pubblicati da Fawkes Editions, casa editrice romana: “Frammenti di vita”(2022), dedicato alla sua lunga esperienza africana; “La Cavalleria: uno stile di vita” (2023), un affresco storico-militare; “Conflitti e parole”(2024), centrato sui rapporti tra Africa e grandi potenze; e “Un altro mondo” (2025), un’analisi attuale delle crisi in Medio Oriente e Ucraina. Ha vissuto sedici anni in Friuli Venezia Giulia, cinque dei quali a Sistiana, alle porte di Trieste, città a cui è profondamente legato. La sua visione internazionale si coniuga con una forte consapevolezza del ruolo strategico dell’Italia e del nostro territorio nel contesto geopolitico globale.

[s.d.]




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