Oggi l’Europa vuole la pace attraverso la guerra: un principio anacronistico
di Stefano Briganti
“Chi fu il primo che inventò le spaventose armi? Da quel momento furono stragi, guerre. Si aprì la via più breve alla crudele morte. Tuttavia il misero non ne ha colpa. Siamo noi che usiamo malamente ciò che ci fu dato per difenderci dalle feroci belve” (Tibullo; Elegie).
Questo dovrebbe comparire all’ingresso del Parlamento Europeo. Quel parlamento che ha approvato la produzione europea di armi spaventose come quelle all’uranio impoverito e quelle al fosforo bianco. Lo stesso parlamento che ha passato una risoluzione sul conflitto russo-ucraino che non frena il proseguimento della guerra e che getta le basi per combatterne una nuova contro la Russia quando quella dell’Ucraina giungerà al termine.
L’Europa oggi ha scelto come principio guida della sua politica estera il “Se vuoi la pace preparati alla guerra” (Vegezio; Epitoma rei militaris). Lo dimostrano tutte le azioni europee intraprese da un anno a questa parte e iniziate con la dichiarazione di VdL: “Finito il tempo delle illusioni. È il momento della pace attraverso la forza”, in un crescendo proporzionale agli andamenti sul campo di battaglia sfavorevoli a Kiev.
L’azione dell’Europa per il riarmo è arrivata fino ad annunciare un attacco della Russia all’Europa/Nato tra 3-4 anni. Annuncio fatto per giustificare il ReArmEu, il raddoppio delle spese militari Nato, il cosiddetto muro di droni, il ripristino del servizio di leva (volontario) e infine una guerra ibrida europea da lanciare contro la Russia. In Germania sono stati messi a budget un trilione di euro per spese militari e quasi sette trilioni di euro dalla Ue per spese legate all’ambito militare da spendere in dieci anni.
Mosca all’Onu ha dichiarato di non avere intenzione di attaccare paesi europei e di essere disposta a metterlo nero su bianco. Si obietterà che in passato la Federazione Russa ha violato impegni formali, ma l’Europa potrebbe cogliere questa disponibilità di Mosca e lavorare ad un impegno blindato, anche con il coinvolgimento degli Usa, della Cina e dei Brics, dando così una formidabile prova di diplomazia. Invece si studiano attacchi Nato “preventivi-ma-difensivi” alla Russia.
La storia ha dimostrato che la “deterrenza delle armi” ha spesso mostrato il suo limite, contrariamente alla locuzione di Tibullo. Alessandro Magno non avrebbe mai dovuto ingaggiare in battaglia l’esercito persiano di Dario che all’epoca era il più formidabile del mondo. Annibale non avrebbe dovuto attraversare le Alpi e marciare su Roma che era difesa dall’esercito meglio armato e gestito del mondo conosciuto. Più recentemente l’esercito israeliano, considerato tra i più avanzati ed efficienti, non ha impedito che Hamas, che dispone di una forza militare enormemente inferiore, attuasse un orribile attacco in territorio israeliano.
A diversità dei tempi di Alessandro, di Annibale e del trattato di Vegezio, oggi ci sono paesi con forze militari comparabili, alcuni dei quali forniti di armi che, se usate anche solo in parte, possono annientare mezzo mondo e avvelenarne la rimanente metà. Sono dei livelli di armamenti e una equivalenza di forze tali da ridurre il principio stesso di deterrenza che era invece pensabile nei tempi antichi. Questo è il risultato della corsa alle armi per “garantire una pace” che, dopo i carnai delle guerre mondiali, sta ora riprendendo velocemente vigore in Europa.
Oggi il “Si vis pacem para bellum” è anacronistico considerando come era il mondo nel IV secolo e come è oggi, 17 secoli dopo. Infine anche legare il concetto di pace alla forza delle armi è fuorviante e fuori luogo. La parola pace ha, nella sua antica radice “pak-” (poi pax in latino), il significato di “patto, accordo, legame”, che nulla ha a che fare con le armi. Inoltre il saluto di Gesù “la pace sia con voi” stava ad indicare “…che la tranquillità, la serenità, la riconciliazione sia con voi” e certamente non intendeva dire che la pace sia con voi grazie a quattro pugnali che dovreste tenere nella cintola.
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