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Jesse Roper – Way Down In The Valley: Amori e storie nel Nord America :: Le Recensioni di OndaRock

Nella generazione che sta rinnovando il suono dei generi più americani (blues di base, ma aperto a contaminazioni country, southern rock, funk e soul – si pensi a Sonny Gullage, Elles Bailey, Sam Morrow, Robert Randolph, The Main Squeeze), il canadese Jesse Roper (Victoria, 1982) s’è guadagnato un suo spazio, grazie soprattutto a due fattori: l’esplosività e il carisma che sprigiona nelle sue performance dal vivo (a dispetto peraltro di un carattere descritto come timido e riservato) e la capacità di sviluppare melodie e arrangiamenti orecchiabili, anche attraverso generi più ruvidi e spigolosi. 
“Way Down In The Valley” è il suo quarto album; esce a distanza di tre anni dal precedente “Horizons” ed è stato anticipato da ben 9 singoli su 13 tracce complessive; così rimane ben poco da scoprire, ma l’album è comunque l’occasione per avere una visione d’insieme di ciò che succede laggiù nella valle. 

Sullo sfondo del maestoso paesaggio naturale dell’America del Nord, i testi di Roper parlano soprattutto di amori e relazioni; rotture, passioni, speranze e delusioni si alternano, con un certo grado di distacco e ironia. Ad esempio, “Make It All Work Out”, un blues leggero e sereno, come sereno è il distacco tra i due amanti, pur con la speranza che ci si possa rincontrare. Più nervosa è “Roll This Stone”, con il suo andamento cadenzato e il botta e risposta della voce, che con “Chained” costituisce la punta più avanzata della contaminazione country e bluegrass. Completamente opposta è “True Lovin’ Ain’t Easy”, una cavalcata gioiosa e ottimista, perfetta per la resa live e il coinvolgimento del pubblico. Sua sorella minore è “Why Do Ya”, con la sua carica rock’n’roll.

Una menzione a parte la merita “Georgia Train”, uno dei pezzi più riusciti e tra i singoli uno dei più apprezzati; piccolo saggio della versatilità che si può trovare nel blues, contaminandolo con il rock e curando molto melodia e arrangiamenti. L’album si conclude con il binomio “Trash Can”, funkeggiante, e la sbarazzina “Danger”, che ribadisce l’allegria che permea questo lavoro. “Way Down In The Valley”, infatti, è un album solare, che conferma le principali qualità del suo interprete e autore. Rispetto ai lavori precedenti, si percepisce una ventata di ottimismo e ironia gioviale, tanto nei testi quanto nella musica; ma soprattutto, è l’album di un musicista che sa – e ama tantissimo – quello che fa. 

01/12/2025




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