“Sicurezza e cybersecurity”: l’evento organizzato all’Alto Adige – Cronaca
C’è la sicurezza – o l’insicurezza – fisica. Poi c’è quella che non si vede, ma si sente. E che corre, in particolare l’ultima, tra continui aggiornamenti di chi la provoca approfittando del telefonino che teniamo in tasca o insinuandosi nei computer delle aziende. Questa connessione, che si muove come una ossessa dentro la tecnologia del quotidiano e non solo nel vasto mondo delle centrali informatiche che non dormono mai, è stata l’innesco dell’idea di organizzare all’Alto Adige un confronto, poche volte così articolato nella geografia e nella provenienza degli interlocutori, su, appunto, “Sicurezza e cybersecurity”.
Provando, per una volta, a disconnettere la questione e la sua analisi dalle contrapposizioni politiche per farne strumento di opportunità condivise. Per dire: secondo una recente ricerca provinciale, almeno il 70% degli altoatesini ritiene che l’insicurezza sia in crescita. E dunque mai così presente come -questo era l’arco temporale dell’indagine – negli ultimi cinque anni.
“E quattro bolzanini su 10 ormai pensano che uscire la sera non sia una buona idea”: questo ha detto, andando sul pratico, Valentino Beccari, il direttore dell’Alto Adige. Sono cifre, come quella della violenza sulla donne – salita a sua volta del 34% – che mostrano in qual misura la sicurezza o la sua assenza siano al centro del vivere di ognuno. E forniscono la misura di quanto possa incedere la loro percezione anche sul piano delle scelte minime, come quella di decidere di fare o meno un certo percorso mentre si va al lavoro o al ristorante. Sta qui l’aspetto “fisico” della questione. Il quale va e viene anche sul terreno di quella più impalpabile come la cyber sicurezza e gli strumenti altrettanto sofisticati che sono in campo per contrastarla.
Il “talk” avvenuto l’altro giorno nella sede dell’Alto Adige, in via Volta dentro la sua sala convegni “Orfeo Donatini”, ha tenuto volutamente insieme i due piani, proponendo di volta in volta la loro intersecazione attraverso l’illustrazione di strategie composite e trasversali.
Il “fisico” di tutto questo è dentro quello che Fabrizio Piras ha definito “sicurezza urbana”. Si tratta di un contesto recente, all’interno di una normativa che assegna, per la prima volta in modo così chiaro, ai Comuni settori della sicurezza collettiva che vanno ad affiancare la più generale competenza delle forze dell’ordine sul piano invece della “pubblica sicurezza”.
In questo modo le città, i cittadini stessi e i loro rappresentanti sono visti ora come l’interfaccia più diretta del problema. In particolare laddove i fenomeni toccano le vite delle persone nel quotidiano e, proprio per questo nel modo più odioso. Tanto che il lavoro dei vigili urbani, si è sempre più spostato dalla strada, in termine di controllo delle auto e dei parcheggi, a quello del territorio. E quindi , parole di Piras, “l’occupazione abusiva degli immobili, il piccolo spaccio, l’accattonaggio molesto, il degrado di strade e piazze”.
Dentro una cornice che ha al suo centro un criterio finora inedito, riassumibile in una parola: “qualità”. La vita della gente deve starci dentro, la qualità urbana. E tutto ciò che la limita va perseguito e contrastato. Ecco perchè, anche la sensibilità nei confronti della sicurezza è aumentata: è cresciuta infatti anche l’idea che nei centri urbani è possibile vivere meglio.
Da qui anche la percezione aumentata di insicurezza. Alimentata vieppiù, parole del comandante, dall’intensificarsi del fenomeno migratorio. Guardando anche ad una altro elemento: l’intensificarsi di aggressioni nei confronti di vigli e membri delle forze dell’ordine da parte di malintenzionati o delle baby gang. Contrasti, ha chiesto il direttore Beccari? “Presidi più intensificati dei luoghi sensibili, uso di strumenti di contrasto più moderni come anche il taser, se dentro i limiti della legalità, più telecamere di sorveglianza del tessuto urbano”. Sta qui il fitto degli strumenti operativi. Ma l’aspetto “fisico” della sicurezza e dei suoi rischi, si dovrebbe porre all’interno di una visione politica complessiva. Ma, possibilmente, nutrita di realtà: “Grazie all’Alto Adige – ha così detto Claudio Corrarati al termine del suo intervento nel talk – per aver finalmente strappato il tema dal tavolo esclusivo dello scontro ideologico per farne occasione di dibattito documentato”.
Era infatti questa l’intenzione del giornale e della sua direzione, da Valentino Beccari all’editore. Il sindaco ha così elencato i tre elementi cardine della strategia di contrasto e di riappropriazione “civile” della città. Da un lato la richiesta di una sempre maggiore capacità di ascolto da parte delle forze dell polizia locale, che devono mostrarsi costanmente a disposizione dei cittadini. Poi, “riempire le strade e le piazze di eventi ed iniziative perchè siano i cittadini ad occupare di notte i luoghi e non la criminalità”.
Corrarati ha definito questa opzione “economia della notte”. Da costruirsi insieme, tra amministrazione, associazioni e tessuto delle piccole e medie imprese. Infine, ecco il terzo snodo, ma ancora in costruzione, il controllo di vicinato. Corrarati ha ammesso che si tratta ora di ridefinire la comunicazione dello stesso per evitare che il progetto sia inteso come una blindatura della città o una induzione alla delazione.
“Si tratta invece – ha chiarito il sindaco – di un modo articolato di costruire una comunità solidale”. In cui il cittadino che vede un problema sotto casa, invece di riprenderlo e poi metterlo sui social, sia nelle condizioni di trasmettertelo direttamente alle forze dell’ordine. Per far questo è necessario che le persone siano messe in grado di fornire una “comunicazione certificata”.
Il mezzo? Percorsi di istruzione. In cui volontari si mettano a disposizione per essere istruiti dalle forze dell’ordine sul piano della consapevolezza dei ruoli e dei propri limiti operativi, sempre sottoposti al controllo operativo e di legittimità della polizia o dei carabinieri.
Certo, questo progetto ha bisogno di passaggi precisi. “Ma Bolzano può basarsi su analoghe esperienze a Verona, dove agiscono 600 volontari e di Parma dove sono stati istituti in 3600. E sono amministrazioni di vario colore politico” ha spiegato Corrarati. Il filone “fisico” del talk ha dunque fornito un quadro d’insieme che mostra una città in cammino che affianca alla percezione di insicurezza in crescita oggettiva, la consapevolezza di nuovi strumenti non solo repressivi per il suo contrasto.




