Lazio

corteo nazionale contro la finanziaria Meloni

Un lungo serpentone di persone ha attraversato oggi sabato 29 novembre le strade di Roma. Decine di migliaia di manifestanti sono tornati in piazza per la grande mobilitazione nazionale in solidarietà con la Palestina e contro la legge di bilancio del governo Meloni.

Un corteo colorato, determinato, intergenerazionale, che fin dalle prime ore del pomeriggio ha riempito le vie della Capitale con bandiere palestinesi, striscioni e cori che chiedono lo stop alle forniture di armi a Israele.

Ad aprire la manifestazione, due figure simboliche: la relatrice speciale ONU Francesca Albanese e l’attivista climatica Greta Thunberg, accolte da un lungo applauso.

Sulla locandina dell’iniziativa campeggiava un messaggio chiaro: “La tregua di Trump non riconosce alcun diritto al popolo palestinese e permette a Israele di ampliare l’occupazione dei territori. L’Italia parla di pace dopo aver sostenuto direttamente il genocidio.”

A organizzare la protesta sono stati il Movimento degli studenti palestinesi e l’USB, affiancati da un fronte ampio che va da Potere al Popolo all’Arci, passando per movimenti studenteschi e collettivi per il diritto alla casa. Una partecipazione variegata, arrivata da ogni parte d’Italia.

Tra gli slogan più ripetuti della giornata, quello dedicato a Marwan Barghouti, il leader palestinese in carcere dal 2002: “Libertà per Marwan e per tutti i prigionieri palestinesi”.

Accanto, un altro striscione molto fotografato: “La libertà non si arresta, la resistenza non si processa: Free Anan, Alì e Mansour”, con riferimento ai tre giovani attivisti detenuti nelle carceri italiane.

In mezzo al corteo, un’immagine destinata a farsi simbolo: una giovane manifestante avvolta in ali dipinte con i colori della bandiera palestinese, sulle quali campeggiava la frase “Fate silenzio quando i bambini dormono, non quando muoiono”. Parole che hanno strappato applausi e commozione.

Ma la rabbia per l’escalation a Gaza si è intrecciata quasi naturalmente con le rivendicazioni sociali interne. “Il governo Meloni ci toglie il futuro”, gridavano i più giovani. “Fermiamo il governo della guerra”, si leggeva su uno dei cartelli che chiedeva “stop al riarmo e al genocidio”.

Dopo ore di cammino, tra musica, interventi dal carro e cori che non si sono interrotti nemmeno per un minuto, il corteo è arrivato verso le 18 nella cornice imponente di piazza San Giovanni, luogo storico delle mobilitazioni italiane. Qui l’USB ha rilanciato le sue richieste: “Una vita dignitosa, un salario di almeno 2.000 euro al mese, contro una finanziaria di guerra e per una Palestina libera.”

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