ma il quartiere diventa terreno di scontro politico
Le indagini avanzano in silenzio, ma il quadro che prende forma è sempre più inquietante. L’uomo sospettato della violenza sessuale nel parco di Tor Tre Teste, a un mese dall’aggressione, potrebbe non essere più a Roma.
Una fuga rapida, forse pianificata con l’aiuto di un complice—il quinto membro del gruppo—anch’egli identificato e sparito dai radar insieme a lui. Entrambi, secondo gli investigatori, sarebbero ancora in Italia, ma abbastanza lontani dalla Capitale da rendere complessa ogni ricerca.
Una ricostruzione che trova un indizio nel ritrovamento di uno dei componenti del branco a Verona, mentre gli altri tre arrestati continuavano a muoversi fra il Quarticciolo e Tor Tre Teste, quartieri da sempre intrecciati alle loro vite.
Intanto, il dato più delicato resta immutato: il DNA isolato sulla scena non coincide con quello degli arrestati. E il presunto aggressore continua a essere un’ombra.
Sul quartiere, intanto, è calato un clima teso, quasi sospeso. Troppo fresca la ferita di un’altra violenza, consumata solo due mesi fa nello stesso parco, ai danni di una donna di sessant’anni. Un luogo che avrebbe dovuto essere spazio di incontro e invece rischia di trasformarsi in simbolo di paura.
È in questo scenario che le strade del Quarticciolo diventano il teatro di una doppia narrazione. Da un lato, gli attivisti di “Quarticciolo Ribelle” affidano ai social un appello alla lucidità: niente speculazioni, dicono, solo solidarietà e la richiesta di affrontare il degrado con serietà. Dall’altro, l’ala più identitaria della destra romana decide di scendere in piazza.
Il comitato “Remigrazione e Riconquista” irrompe con fumogeni, tricolori e uno striscione che non lascia spazio a interpretazioni: “Contro i criminali di importazione, unica risposta remigrazione”.
«Le responsabilità politiche ci sono e sono evidenti», denuncia il portavoce Luca Marsella, volto noto dell’estrema destra romana ed ex leader di CasaPound. «Il Municipio V, guidato dal centrosinistra, ha impedito ai residenti di difendere il territorio. Ora che la vita di una ragazza è stata travolta, pretendiamo risposte. E dimissioni». Parole dure, pronunciate in un quartiere già provato, dove la rabbia rischia ogni giorno di scollinare in conflitto sociale.
Il blitz arriva poche ore dopo il post di Quarticciolo Ribelle, un attacco frontale a chi—dicono—preferisce colpire i più fragili piuttosto che affrontare le urgenze vere del territorio. «Forse la priorità non è cacciare i disabili dalle case o chiudere il doposcuola di quartiere. Nessuno speculi su uno stupro: la nostra solidarietà va alla vittima», scrivono.
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