Famiglia nel bosco, chiesta al Csm una pratica a tutela dei giudici: “Superata la legittima critica”

“Il Consiglio superiore della magistratura apra una pratica a tutela dei magistrati del tribunale per i minorenni dell’Aquila in relazione alle ‘dichiarazioni pubbliche rese da esponenti politici’ sul provvedimento con cui è stato disposto l’allontanamento dei tre minori – che vivevano con i genitori in un casolare nei boschi di Palmoli – dal contesto familiare e il loro collocamento in una struttura protetta”.
È quanto chiedono, come ricostruisce l’Agi, con un documento depositato al Comitato di presidenza di Palazzo Bachelet, tutti i consiglieri togati (a eccezione della togata di Magistratura Indipendente Bernadette Nicotra) e i laici Roberto Romboli (eletto in quota Pd), Michele Papa (M5s) ed Ernesto Carbone (Iv).
Il provvedimento, osservano i consiglieri firmatari nella richiesta di apertura pratica, “rientra nell’esercizio delle funzioni attribuite dalla legge alla giustizia minorile tipiche attribuzioni dell’autorità giudiziaria minorile e persegue esclusivamente finalità di protezione dei bambini coinvolti”.
A fronte di ciò, aggiungono, “alcune dichiarazioni pubbliche hanno definito la decisione come un ‘sequestro’ di minori, l’hanno qualificata con espressioni fortemente denigratorie e hanno annunciato iniziative ispettive e interlocuzioni dirette con i giudici investiti del procedimento. Tali affermazioni, provenienti anche da rappresentanti di pubbliche istituzioni, trascendono la legittima critica a un atto giudiziario e finiscono per colpire direttamente l’operato dei magistrati del tribunale per i minorenni, esponendoli a una indebita pressione anche mediatica”.
La giurisdizione, soprattutto in ambito minorile, si legge ancora nel documento, “opera in un quadro di legge complesso, sulla base di atti e di elementi tecnici, componendo interessi tutti meritevoli di rispetto: la libertà delle scelte educative dei genitori, il diritto dei bambini alla sicurezza, alla salute, alla socialità e alla riservatezza”. Dunque, affermano i consiglieri firmatari, “la semplificazione di tale complessità in formule polemiche, che presentano l’intervento giudiziario come un sequestro o una violenza di Stato, finisce per minare la fiducia nella magistratura ed esonda in un’inaccettabile delegittimazione personale dei giudici titolari del procedimento, che hanno poi un immediato riflesso in gravi e scomposti attacchi attraverso i social”.
Infine, conclude il documento, “preoccupa che questa vicenda venga evocata in connessione con la prossima consultazione referendaria in materia di giustizia, che nulla ha a che fare con il caso in esame. Dovrebbe essere interesse di tutti, istituzioni politiche e istituzioni di garanzia, che il confronto sui referendum si sviluppi sul terreno delle opzioni normative e delle ragioni di merito, senza piegare a fini di propaganda casi concreti che riguardano minori e che sono ancora oggetto di valutazione giudiziaria”.
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