Confine italo-sloveno: evoluzione e trasformazione
25.11.2025 – 9.00 – La quotidiana vita di confine che oggi appare fluida e naturale è in realtà il risultato di una lunga storia. Non priva di fratture, di scelte e ricomposizioni politiche che hanno trasformato l’area tra Italia e Slovenia da un margine sorvegliato a un spazio sociale permeabile. Oggi la dogana è attraversata per vivere, in ogni forma che porta questo verbo. Ci si incammina su una terra pervasa di eventi che, durante l’arco di un secolo, hanno lentamente ridisegnato il suo stesso senso. Per fare tornare la memoria storica ai lettori, disegniamo precisamente la definizione di questo meraviglioso quadro umano.
Il primo passaggio fondamentale arriva nel 1947. Il Trattato di Pace che chiude la Seconda guerra mondiale dividerà il territorio tra Italia e Jugoslavia. Trieste diventa nodo sensibile della Guerra fredda, e il confine è rigido dei militari a ogni angolo. Eppure, proprio qui, negli anni ’50 e ’60, cominciano le prime forme di convivenza mista, proprio dove il rigore sembrava non poterlo permettere. Famiglie separate dalla linea politica continuano a mantenere rapporti, studenti e lavoratori jugoslavi varcano il confine per commercio o per studio, nonostante controlli e difficoltà.
Nel 1975 gli Accordi di Osimo segnano un’altra svolta: stabilizzano i rapporti italo-jugoslavi e aprono la strada a maggiore cooperazione economica e culturale. Il confine resta, ma perde parte della sua durezza, adattandosi adagio ai cambiamenti. Gli anni ’90 cambiano tutto, spazzano via il vecchio. Come a volerlo testimoniare, l’anno 1996 porta la raffica di bora tra le più potenti mai registrate, fino a 181 km/h. La dissoluzione della Jugoslavia e la nascita della Slovenia indipendente nel 1991 trasformano la regione in un punto caldo politico: Trieste e il Carso tornano a dialogare senza tensioni. La Slovenia avvia un processo di integrazione europea che culmina nel 2004 con l’ingresso nell’Unione Europea. È un passaggio epocale: grazie alla libera circolazione, lavoratori e studenti iniziano a muoversi come non era mai stato possibile prima.
Nel 2007 arriva un altro momento simbolico: l’ingresso della Slovenia nello spazio Schengen. Le barriere fisiche si abbassano, le frontiere diventano zone di passaggio rapido. Tanto da diventare sempre più impercettibile. È da quel momento che molte famiglie iniziano a scegliere consapevolmente una “vita di confine”. Abitare in Slovenia e lavorare in Italia diventa pratico, e via via più fattibile e spontaneo per tutti.
Da qui in poi la cooperazione si rafforza. I programmi europei Interreg costruiscono nuovi ponti: dai progetti scolastici condivisi tra Trieste, Capodistria e Nova Gorica alle iniziative ambientali comuni, dai servizi sanitari coordinati alle reti associative transfrontaliere. Nel 2011 nasce l’Euroregione Senza Confini, che include Friuli Venezia Giulia, Veneto e Carinzia, estendendo la collaborazione oltre la dimensione bilaterale. Nel 2025, l’istituzione di Nova Gorica/Gorizia come Capitale Europea della Cultura diventa un simbolo potente: due città separate per decenni che progettano insieme il loro futuro urbano e culturale.
È questa sedimentazione di eventi storici a rendere oggi possibile ciò che accade sul confine: professionisti sanitari sloveni che lavorano negli ospedali italiani, insegnanti bilingui che formano classi miste, studenti che attraversano quotidianamente la frontiera senza quasi accorgersene, reti di volontari che intervengono da entrambe le parti con protocolli condivisi, famiglie che scelgono deliberatamente di vivere in un territorio duplice.
Il lungo laboratorio di convivenza continua il suo fermento e la sua peculiare sperimentazione. Oggi, tra Italia e Slovenia, il confine è pienamente abitato oltre che superato. Un territorio in cui storia, istituzioni e persone hanno imparato, lentamente e tenacemente, a tessere un’unica trama.
[e.c.]


