36 casi registrati in Abruzzo in 25 anni, 4 nel Chietino

In Italia, dal 2000 al 2025, si sono registrati 1.250 presunti casi di abusi sessuali legati alla Chiesa. Sono i numeri contenuti nel “Report sui casi di violenza sessuale commessi in Italia dal clero e il suo indotto” a cura dell’Osservatorio permanente della Rete L’Abuso, citato da Reggio Today.
Il report segnala 4.625 vittime note, fra cui 4.395 sarebbero state abusate da preti, 9 da suore, 91 da catechisti, 76 da personale laico dell’indotto ecclesiale e 54 da scout. Fra le presunte vittime, 2.414 vittime sono seguite direttamente dall’associazione, mentre 2.211 risultano irreperibili.
L’incidenza dei preti coinvolti, pari al 3,57% dei 31 mila sacerdoti italiani, viene definita molto alta in relazione alla natura non ufficiale del censimento. Sui circa 31 mila preti, 1.106 sarebbero quelli segnalati, un numero in linea con quanto denunciato da fonti cattoliche che nello stesso periodo di tempo hanno riconosciuto 1.049 casi.
Andando ad approfondire i numeri relativi all’Abruzzo, il rapporto dell’Osservatorio permanente della Rete L’Abuso segnala 36 casi totali, dei quali 4 in provincia di Chieti. Più alti i numeri nelle altre tre province abruzzesi: nell’Aquilano si sarebbero verificati 12 episodi di violenze sessuali, 10 in provincia di Pescara e altrettanti in quella di Teramo.
Secondo i dati contenuti nel report, però, solo 4 dei presunti responsabili sarebbero stati condannati dalla giustizia. Un caso risulterebbe prescritto, in un altro è stata aperta un’indagine, mentre gli altri 29, almeno questa è l’accusa dell’associazione, sarebbero stati “sommersi”.
Il documento denuncia una situazione allarmante e, soprattutto, la totale assenza in Italia di un sistema di prevenzione efficace per la tutela dei minori. Secondo la Rete, “il nostro Paese continua a mancare di strumenti normativi adeguati”, e per questo l’associazione chiede una riforma legislativa che introduca l’obbligo di denuncia per tutti i cittadini”. La Rete L’Abuso chiede una riforma legislativa che imponga l’obbligo di denuncia per tutti i cittadini: l’assenza di tale obbligo rende inefficaci strumenti europei di prevenzione come il certificato anti-pedofilia e lascia i minori più esposti al rischio di abusi”. “Il fenomeno – si legge al termine del rapporto dell’associazione presieduta da Francesco Zanardi – non può più essere affrontato come un problema interno alla Chiesa, ma come una questione di salute pubblica e di giustizia collettiva”.
Per consultare il report integrale si può cliccare qui.
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