Veneto

17 anni, al suo primo giorno di lavoro

La tragedia è spiegata dal Corriere del Veneto che, a poche ore dall’incidente, ha rivelato tutti gli atroci dettagli della disgrazia a firma di Vera Mantengoli e Antonella Gasparini. La ragazza deceduta nell’incidente del catamarano ieri sera, nelle acque di Sant’Elena, era al suo primo giorno di lavoro. Un lavoro che rappresentava il suo sogno, un sogno che si stava avverando, quello di vivere per mare, pronta a salire a bordo come parte di un equipaggio.

Anna Chiti, 17 anni, studentessa dell’Istituto Nautico, ieri sera, sabato 17 maggio, ha pagato con la vita quel sogno che l’aveva portata nella darsena di Sant’Elena, inghiottita da quel mare che tanto amava. E’ atroce il destino che l’aspettava ormeggiando quel mezzo in cui la giornata si era svolta in armonia e senza incidenti.

Erano da poco passate le 17 quando il catamarano su cui si trovava, di ritorno da una gita tra le isole della laguna, stava rientrando. A bordo, una comitiva festosa di turisti, molti dei quali provenienti da diverse parti d’Italia e dell’estero, che avevano affittato l’imbarcazione per celebrare un compleanno. La giornata si era srotolata in maniera perfetta: sole, vento, l’acqua che brillava e la giovane, felice per quell’opportunità che forse le avrebbe aperto nuove porte.

Poi, all’improvviso, l’incubo. Il nero più profondo. Durante le manovre di ormeggio, mentre reggeva una cima, Anna è finita in acqua. Una caduta che si è trasformata in trappola mortale: la corda che aveva tra le mani si è attorcigliata attorno all’elica del motore, trascinandola con sé. È rimasta impigliata, sommersa, prigioniera di quel meccanismo implacabile.

Il comandante si è gettato subito in acqua nel disperato tentativo di salvarla, ma non ci è riuscito. Poi l’arrivo praticamente immediato dei soccorsi: i vigili del fuoco, i sommozzatori, l’elicottero, il personale del Suem. In otto minuti i pompieri erano già sul posto. Il sub è riuscito a liberarla e riportarla in superficie tagliando la corda che ancora la imbrigliava. I medici hanno iniziato immediatamente le manovre rianimatorie. Per un attimo una folata di ottimismo ha avvolto chi, atterrito, seguiva la vicenda: il suo cuore aveva ripreso a battere. Ma si è trattato, appunto, di un attimo, la speranza si è spenta subito dopo, ed è durata troppo poco.

Anna è morta così, sotto gli occhi pietrificati degli ospiti della festa, dei colleghi, dei cittadini presenti alla darsena, rimasti ad aspettare, in silenzio, un epilogo che rincuorasse, che accadesse il miracolo.

Anna Chiti aveva solo 17 anni. Era nata a Treviso, ma viveva a Malcontenta. Sabato mattina un collega era passato a prenderla, e lei era entusiasta all’idea di questa nuova avventura. Voleva imparare, lavorare, guadagnarsi un posto. Voleva crescere in quel mondo marino che già sentiva suo.

La tragedia ha sconvolto tutti: turisti, marinai, soccorritori, chiunque si trovasse lì. I presenti parlano di un momento di “presente” sospeso, di tutto freezzato tra incredulità e impotenza. Le forze dell’ordine hanno immediatamente avviato le indagini: la Capitaneria di Porto, i carabinieri, la polizia locale hanno acquisito le immagini delle telecamere e raccolto ogni testimonianza. La comitiva è stata trattenuta a lungo per chiarire ogni dettaglio, prima di poter riprendere il viaggio verso casa.

Ora si cerca di capire cosa sia davvero accaduto. Se quel tragico destino sia stato causato da un errore, una disattenzione, una manovra complicata, da una tragica fatalità, complici le onde e il vento, presenti per tutto il giorno nella laguna ieri. Nella triste consapevolezza che neanche la ricostruzione del fatto potrà restituire quel giovane sorriso spezzato a 17 anni.


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